Pagine

mercoledì 15 marzo 2017

Partitelle ed amichevoli...il peggio del calcio



Partitelle ed amichevoli...il peggio del calcio!

Si è proprio così.

Siamo ancora tremendamente legati alla convinzione che la partita di fine allenamento o un amichevole giocata con una società amica possano darci a pieno una valutazione oggettiva dello stato di preparazione della nostra squadra. Ed invece così non è.

Dovremmo imparare a valutare la crescita dei nostri ragazzi in base a ciò che vediamo svolgere in allenamento. Potrà sembrare assurdo ma per me è così. Del resto l'allenamento non è altro che un ricreare situazioni della partita in un frangente più piccolo e quindi più controllabile da parte nostra in cui poter intervenire per apportare correzioni.  Non dimentichiamo che dell'esercitazione tecnicamente possiamo controllarne anche l'intensità, l'efficacia, aspetti che in partita invece vengono "lasciati in mano" ai giocatori.  Potrebbe sembrare una visione molto drastica ma se ci pensate attentamente mi dareste ragione.

Anch'io circa 10 anni fa credevo che partite ed amichevoli fossero la cartina tornasole dello stato di preparazione di una squadra. Ma il tempo, il continuo aggiornamento e l'esperienza mi hanno dimostrato il contrario. Molto dipende anche dalla mission che ci prefiggiamo da allenatori. Se il nostro unico interesse sono i 3 punti, tutto questo discorso viene meno perchè probabilmente il nostro allenare si baserà semplicemente sul giocare la partitella in allenamento, oppure provare e riprovare schemi a secco o senza difesa, insomma creare situazioni surreali di gioco, perchè un gioco senza difesa, senza opposizione non può che definirsi surreale, fuori dalla realtà. 

Se invece abbiamo come obiettivo principale quello di far crescere mentalmente e tecnicamente i nostri giocatori, beh a questo punto la partitella o l'amichevole diventano marginali perchè troveremo svariati modi di testare la preparazione dei nostri ragazzi, ma soprattutto cercheremo di mettere sempre in difficoltà il pensiero della nostra squadra per far sì che questa venga sempre stimolata e spinta a superarsi.

UN NUOVO PROBLEMA PORTA SEMPRE CON SE NUOVA CONOSCENZA.

Non parliamo poi dell'effetto distruttivo che tutto questo ha nel calcio giovanile: ogni partita o amichevole rischia di diventare distruttiva per la serenità del bambino soprattutto nelle categorie Piccoli Amici e nei primi anni dei Pulcini. Queste sono categorie in cui il gioco puro dovrebbe essere alla base dell'apprendimento ed invece si vedono sempre più spesso tornei di bambini in tenera età che vengono incitati a più non posso dai loro genitori e i piccoli atleti si sentono in dovere di dover vincere per i loro genitori. Tutto questo non fa altro che arrecare stress e a smontare del tutto la componente principale del gioco: il divertimento.  Inoltre in queste categorie sarà davvero tanto difficile poter apprezzare il gioco di squadra (quale il calcio o calcio a 5 sono) ma ci si baserà soltanto su un perenne 1vs1 (se tutto va bene) o come sempre 1vs tutti perchè si sa che l'allenatore per vincere una partita che non serve a nulla per la crescita dei propri ragazzi cercherà questo escamotage per vincere, solo e soltanto per il proprio orgoglio e vanto.

Ricordo lo scorso anno nel corso dei raggruppamenti dei Piccoli Amici con grande gioia sentii parlare di Funino e ricordo ancora la faccia stupefatta di tutti gli altri istruttori che neanche sapevano cosa fosse perchè purtroppo non si è abituati a guardare nel orticello altrui, ognuno è fermo sulle proprie convinzioni e si ha paura di esplorare nuove realtà, nuove dimensioni. 

Il funino viene dalla scuola spagnola, introdotto da Horst Wein (scrittore di due volumi de "Il calcio a misura dei ragazzi", alla base della formazione del calcio giovanile, che consiglio vivamente di interiorizzare) e prevede il gioco del 3vs3 su 4 porticine (2 per squadra) nel quale il bambino sarà chiamato a dominare tempo e spazio. Il metodo di Horst Wein è incentrato tutto sull'aspetto del divertimento e della scoperta dei gesti tecnici e del perchè applicarli in un determinato momento.

Sembrerà fantascienza ma vi garantisco che è un metodo decisamente utile e proficuo.

Non voglio convincervi con questo mio post, volevo semplicemente sviscerarvi la mia idea di allenamento in ambito competitivo e/o formativo. Qualcuno converrà con me, molti altri troveranno il mio pensiero fantascientifico.

Di certo nel calcio odierno sono pochissimi i giocatori veramente pronti e tecnicamente preparati. Dovremmo cominciarci a porre domande su questo e spero che questo scritto qualche domanda ve l'abbia posta.

sabato 11 giugno 2016

Allenatore, alleato di salute...ma non tutti!!!


Lo sport, questo mondo tutto da esplorare e tutto da formare, un mondo in continua evoluzione in cui anche le figure che fanno parte non sono escluse da tale processo.
Non sono passati troppi anni dall'era in cui gli allenatori dei paesini andavano in giro cercando talenti da togliere dalla strada per portali su un campo di gioco. Giocatori che avrebbero fatto le fortune dell'allenatore.
Ora invece esiste il business delle scuole calcio, perchè sono un vero e proprio business se solo si pensa che c'è gente che vive facendo questo.
Non penso sia un male se questo viene fatto con professionalità e competenza. Lo diventa nel momento in cui ci si improvvisa e si "gioca" con la salute dei ragazzi.
A proposito di salute il Ministero della Salute il 23 maggio di quest'anno ha inaugurato la campagna "Allenatore, alleato di salute".
Tale campagna ha l'obiettivo coinvolgere il coach anche nell'educazione a corretti stili di vita degli adolescenti. La Campagna è promossa dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), insieme alla Fondazione Insieme contro il cancro, Senior Italia Federanziani e realizzata sotto l'egida del Coni, con il coinvolgimento del Ministero della Salute.
Quando ascoltai la notizia al telegiornale mi dissi: "e cosa c'è di nuovo? Pensavo fosse ovvio che un buon allenatore debba dare l'esempio ai propri ragazzi".
Sbigottito ma comunque soddisfatto di questa iniziativa di cui Massimiliano Allegri ne è ambasciatore, mi recai su un campo in cui un gruppo di ragazzi stava seguendo un allenamento e li purtroppo compresi che il buon senso non è roba diffusa così come pensavo.
L'allenamento di questi ragazzi si stava svolgendo normalmente, magari con poche parole d'incoraggiamento del mister, stiamo parlando comunque di una categoria Esordienti, ma alla fine non giudico l'operato di nessuno, non spetta a me. Ciò che mi colpì fu la nonchalance con cui l'istruttore uscì dal campo durante l'allenamento, accese una sigaretta, e rientrò a dirigere l'allenamento.
Li rimasi sbigottito, allibito.
Nell'era in cui anche ragazzini delle medie si avvicinano al fumo, con tutti gli effetti nocivi che questo porta, un allenatore che dovrebbe guidare i suoi ragazzi al viver sano, fa passare il messaggio che il fumo "è cosa giusta".
La figura dell'allenatore nel settore giovanile penso sia di fondamentale importanza non per il ruolo tecnico-tattico, ma per quello educativo.
Le scuole calcio non sono scuole ludiche, ma sono luoghi in cui si ha la possibilità di insegnare al ragazzo qualcosa d'importante sulla vita basandoci su di un gioco.
Certo tutti cercano di creare campioni ma nell'era del business vanno avanti solo coloro che hanno alle spalle possibilità economiche non indifferenti (anche per questo il livello calcistico italiano si sta abbassando) quindi piuttosto che insistere a tutti i costi sulla formazione di campioni penso sia più giusto creare un ambiente in cui far crescere i ragazzi con sani principi.
Per questo si dovrebbe evitare davanti ai ragazzi di fumare, magari da buon esempio si dovrebbe cercare proprio di smettere, condurre una vita sana, senza fare uso ed abuso di alcolici, seguendo una giusta alimentazione e facendo attività sportiva.
Ricordiamoci che purtroppo viviamo nell'era in cui i tumori sono diventati all'ordine del giorno e questi si combattono solo e soltanto conducendo una vita quanto più sana possibile.
Quindi alleniamoci a viver bene e a viver in modo civile, ne abbiamo bisogno tutti noi!

sabato 7 maggio 2016

Morti...inseguendo la propria passione, il proprio sogno!

L'immagine scioccante di Ekeng crollato sul campo. Epa


Filomeno Di Terlizzi (17 aprile 2015)

Giuliano Taccola (1969) - muore a termine di Cagliari vs Roma
Luciano Vendemini [basket] (1977) - muore nel prepartita 
Renato Curi (1977) - crolla in campo al 5' del secondo tempo di Perugia vs Juventus
Andrea Cecotti (1987) - muore per trombosi alla carotide avvertita al 29' del primo tempo di Treviso vs Pro Patria
Luca Bandini [basket] (1992) - muore per ipoplasia dell'aorta. Avverte il malore nello stesso palazzetto in cui Vendemini morì 15 anni prima
Davide Ancilotto [basket] (1997) - aneurisma celebrale. Avverte il malore durante un quadrangolare del precampionato
Marc Vivien Foè (2003) - morto per infarto al 71' della semifinale di Confederations Cup
Miklos Feher (2004) - tromboembolia polmonare avvertita in un match della Superliga Portoghese
Serginho (2004) - al 14' del secondo tempo muore per arresto cardiaco
Antonio Puerta (2007) - muore dopo diversi arresti cardiaci. Il malore lo avvertì nella partita inaugurale della Liga Spagnola
Phil O'Donnell (2007) - arresto cardiaco dopo aver segnato una rete nel campionato scozzese
Kamila Skolilowska [atletica] (2009) - muore durante il ritiro con la nazionale polacca 
Daniel Jarque (2009) - muore per asistolia 
Simona Senoner [salto con gli sci] (2011) - muore in ritiro 
Naoki Matsuda (2011) - arresto cardiaco-respiratorio durante un allenamento con la sua squadra, il Matsumoto Yamaga
Vigor Bovolenta [pallavolo] (2012) - muore durante la partita Yoga Forlì vs Lube. Il giocatore aveva sofferto in passato di extrasistole ma questo non gli aveva inficiato la possibilità di continuare a giocare
Piermario Morosini (2012) - muore al 31' durante la partita Pescara vs Livorno per cardiomiopatia aritmogena
Dal Oen [nuoto] (2012) - muore dopo un allenamento a causa di un infarto
Ekeng (2016) - muore dopo aver giocato 7' 

Questi sono i professionisti e Mimmo per me lo era, un amico speciale, un fratello maggiore con cui poter parlare e confidarsi, morto su un campo di paese mentre si accingeva a giocare la partita che settimanalmente disputava con i suoi amici.
Ma oltre questi nomi ce ne sono tanti, tantissimi dilettanti, ragazzi che inseguivano un sogno, stroncato su un campo per malori o per inadeguatezza delle strutture o per mancanza di mezzi di pronto intervento, come il defibrillatore.
Non sapremo mai se queste morti sono la conseguenza di stress fisico o psicologico o di patologie pregresse o peggio ancora di visite mediche effettuate in modo poco approfondito.
Fatto sta' che nello sport gli organi competenti dovrebbero essere più severi con le società: ad oggi nel dilettantismo esistono molte società che si rivolgono a "medici dello sport" a dir poco ridicoli solo per risparmiare, ed in questo le Federazioni hanno grandi colpe perchè incassano fiumi di soldi dalle iscrizioni, dai tesseramenti e mai hanno pensato di stipulare convenzioni con centri medici sportivi specializzati in modo da far risparmiare le società sportive e garantire un'ottimo standard di visita agli atleti.
Tanto c'è da fare nello sport e non posso pensare che nel 2016 possano ancora esistere morti sul campo.
Ovvio è da considerarsi sempre l'eventualità di una morte improvvisa, impossibile da prevenire, ma la prevenzione non deve essere mai troppa, soprattutto se si considera che nei campi da gioco entrano in gioco varie dinamiche psico-fisiche che spesso e volentieri mettono a dura prova il nostro corpo, non rendendoci conto che non siamo automi ma che come esseri umani abbiamo dei limiti oltre i quali rischiamo la vita, unica e da preservare ad ogni costo, forse anche da preservare a volte dai nostri stessi sogni.



martedì 22 marzo 2016

Tutto e subito...lo sport non lo ama!!!



Tempo fa avevamo parlato di quanto fosse importante puntare sui giovani nello sport, quanto fosse importante investire nei settori giovanili per una crescita migliore sotto il profilo tecnico-tattico del movimento sportivo calcistico e calcettistico in Italia.
Ma da allora ad oggi nulla è cambiato.
In parte solo una squadra di Serie A di calcio a 11 ha provato a rinnovare completamente il roster inserendo giovani molto interessanti. Qual è stato il risultato?
Ad inizio campionato le vittorie stentavano ad arrivare e l'allenatore era già sulla graticola.
Poi la squadra ha cominciato a girare ed ovviamente tutti sono saliti sul carro dei vincitori.
Purtroppo in Italia forse non abbiamo ancora appreso il reale potenziale dei settori giovanili, il potenziale di una corretta progettualità.
Ci limitiamo ad assemblare squadre a cercare il giocatore d'esperienza e non ci rendiamo conto che poi ogni anno abbiamo lo stesso problema, e le squadre si smembrano e ricreano in continuazione.
Ma finchè siamo nel professionismo tutto va bene, quando cadiamo nel dilettantismo ecco che nascono i veri problemi.
In particolar modo parlo del Futsal, soprattutto di quelle realtà di medio-bassa classifica che ovviamente non possono garantire campionati con posizionamenti nella parte alta della classifica e quindi si trovano costrette a lasciare giocatori che magari nella passata stagione si sono rivelati determinanti perchè purtroppo non si hanno le possibilità di rispettare richieste economiche più alte o non si possono garantire traguardi sportivi ambiti dall'atleta.
E mi chiedo: perchè non puntare invece sui giovani?
Come?
Partendo da un settore giovanile.
Tutte le società in Italia cominciano dalla prima squadra e poi sotto obbligo della federazione aprono le porte al Settore Giovanile Scolastico (SGS). Ma così non dovrebbe essere, piuttosto si dovrebbe puntare ad un processo inverso in modo da arrivare alla prima squadra con un organico formato, magari integrandolo con giocatori di categoria ed esperienza i quali avrebbero il compito di fare da chioccia per i giovani atleti.
Così facendo si creerebbero società solide, capaci di mantenere un continuo ricambio generazionale e sono convinto che seguendo tale modus operandi anche le casse societarie ne gioverebbero, non perchè il giovane non percepirebbe nulla, ma semplicemente perchè i giocatori di categoria spesso e volentieri avanzano pretese economiche che non rispecchiano in pieno i valori in gioco.
Così facendo si garantirebbe freschezza societaria, continuità, risparmio (i giocatori si creano in casa e non si sarebbe più costretti a costruire in continuazione nuovi roster da amalgamare) e penso competitività.
A tutto questo però segue l'affiancamento di staff tecnici preparati e non improvvisati, di persone competenti che sappiano lavorare con i giovani, perchè vincere i campionati con giocatori già belli e formati è una cosa, un'altra è creare il giocatore da un giovane che magari a volte non ha voglia d'allenarsi, o ha difficoltà nell'accettare il sacrificio, la panchina, la tribuna...o magari è distratto dalla fidanzata, dal percorso di studi. Insomma sono molteplici i fattori che potrebbero inficiare il percorso di crescita di un giovane atleta, ma sta alla società ed allo staff renderlo centro di un modo di fare sport che nel tempo porterebbe i frutti sperati.
Insomma, giovane è bello, è meglio, è vincente...ma in Italia non lo capiamo!!!

domenica 20 marzo 2016

La teoria degli alibi


Velasco e la teoria degli alibi.
Il segreto del successo sportivo risiede proprio qui, nel comprendere che ogni errore dipende solo e soltanto da noi stessi e da nessun altro fattore.

Se ogni atleta riuscisse ad adattarsi perfettamente alla situazione che va a crearsi, l'atleta saprebbe sempre cosa fare ottenendo il miglior risultato possibile dal suo gesto tecnico-tattico.
Lo sport, la vita sono tutta questione di testa.

giovedì 26 giugno 2014

Altro mondiale, vecchi problemi!


Calcio d'angolo per l'Uruguay. Palla in area. Godin...Rete! Italia 0 - Uruguay 1 
Chi mai avrebbe detto che quel goal avrebbe portato il calcio italiano nel caos più totale? Nessuno!
Eppure così è stato: Prandelli si è dimesso insieme ad Abete, è nato il caso Balotelli - senatori, si ridiscute su cosa ci sia da fare in Italia per riportare il calcio ai fasti di un tempo.
Insomma Godin è diventato colui che dopo anni è riuscito a farci aprire gli occhi perchè noi italiani siamo un pò così. Se malauguratamente fossimo giunti anche in semifinale non sarebbe successo forse tutto questo, avremmo chiuso ancora una volta un occhio, ma poco importava poi se in Europa League o in Champions in finale non arrivano più le italiane.
E' da anni che speravo nelle dimissioni del Sig Abete perchè in realtà da quel 2006, quello che doveva essere l'anno zero del calcio italiano, altro non ho visto che un tribunale che emanava sentenze su prove magicamente sparite e solo tanta ma tanta farsa mediatica che di sportivo aveva davvero ben poco.
Adesso gli equilibri sono tornati (forse se prima qualcuno vinceva un motivo c'era) e per fortuna stanno emergendo anche altre società storiche italiane come la Roma (purtroppo per mano di uno straniero, ci mancherà la Roma dei Sensi). E' inutile citare le milanesi che in realtà sembra stiano seguendo il tracollo dei loro vertici nella società italiana.
Ma non basta...anzi...nella realtà dei fatti non è stato cambiato nulla.
In Italia abbiamo tantissime scuole calcio, tanti tesserati ma la Federazione per la base non riesce mai a stanziare nulla. Mi verrebbe da chiedere: ma tutti i soldi che le società versano che fine fanno?
Perchè non ripartire dalla base?
Il modello Olandese, Tedesco e Spagnolo (a prescindere dal mondiale brasiliano nelle competizioni europee le squadre spagnole dominano la scena) ci insegnano che lavorare e puntare sui giovani sia l'arma vincente. Noi siamo la nazione che piange gli adii ma che non si preoccupa di costruire in casa i talenti...piuttosto preferiamo acquistarli dall'estero perchè fa notizia, perchè crea mercato. 
Ma non ci rendiamo conto che costruire talenti in casa propria aiuta il bilancio societario, aiuta un movimento sportivo nazionale, aiuta quelle tante scuole calcio che lavorano per passione e per vedere i propri tesserati emergere.
Quanti sono gli osservatori che si aggirano tra le competizioni regionali e non?
Quanti raduni sono organizzati ma pilotati?
E' pur vero che il livello calcistico si sta abbassando anche nei centri calcistici, complici presidenti di vecchia data che non riescono a creare un ricambio generazionale all'interno dei propri staff perchè molto spesso discordi sulle nuove metodologie d'insegnamento.
Siamo la nazione in cui le società di serie A si fanno pagare le affiliazioni (cosa assurda, dovrebbero essere loro a proporsi nelle varie province per allargare la loro rete d'osservazione).
Siamo la nazione che lascia in mano ad un manipolo di presidenti la possibilità di decidere sul campionato che loro stessi andranno a disputare. Ma insomma, così combinati dove vogliamo andare?
E' da anni che chiedo una serie B allargata, con all'interno le seconde squadre dei top team. Molti non sono d'accordo col collocarle subito in serie B? Bene, facciamole partire dalla D. Finchè non giungono in B possono essere promosse, dopodichè non possono più puntare al titolo.
Altra competizione da cambiare è la Coppa Italia: perchè creare una preselezione a seconda della posizione raggiunta in classifica a fine campionato? Facciamo partire tutte insieme squadre di A, serie B e C. Unica regola: la gara viene disputata in casa della squadra di serie inferiore. In caso di pari serie si procede col sorteggio. Questo non solo per aumentare lo spettacolo e la magia intorno ad una coppa sempre più snobbata, ma anche per venire incontro a società che non hanno grande disponibilità economica.
Chissà se il nuove presidente Federale avrà questa sensibilità ma soprattutto tanto coraggio nel cambiare le cose. 
Si parla di Albertini o Tavecchio. Come tutte le cose all'italiana sarà una scelta politica fatta di voti.
Chissà poi quale sarà il nuovo CT: i candidati pare siano molti, di certo avrà già gatte da pelare, in primis il caso Balotelli e per questo non escludo che il prossimo ct possa essere proprio Mancini, colui che ha creato l'immagine di Balotelli, colui che gli ha permesso di conoscere anche il calcio inglese. Francamente non la ritengo la scelta più azzeccata per questa nazionale da costruire da zero, ma nel calcio italiano non conto nulla. Quindi aspettiamo le risposte di chi conta. Intanto speriamo in una rinascita.
Il 2006 doveva essere l'anno 0 ma ci ha regalato un mondiale e tante emozioni. Questo 2014 sarà un nuovo anno 0 ma ci sta regalando solo fardelli per il futuro.
Ci risiamo...buon anno zero a tutti. 


giovedì 21 novembre 2013

Rincorrendo un campione...


Quante volte ci sarà capitato passeggiando per le vie del nostro paese, delle nostre città vedere dei bimbi intenti a giocare con i propri amici ed in compagnia del loro migliore amico, il pallone?
E magari sentire loro ricreare delle telecronache in cui nominano il loro beniamino mentre eseguono un gesto tecnico più o meno ben riuscito.
Magari fatto un goal ne ricreano anche l'esultanza...


Di tutto questo non dovremmo più stupirci: questo è il risultato di una media society, una società immersa nel mondo della TV, nel mondo del gaming, nel mondo di internet!!!
Eppure così non va!!!
Non va perchè parliamo di sport, parliamo di valori, parliamo di salute!
Lo sport del resto è tutto questo.
Invece se chiedete ad un bambino perchè adora il suo beniamino, in primis vi dirà "perchè è forte", in secundis "perchè guadagna tanto". Il tutto va a finire sempre al dio denaro.
Quindi capite bene che il messaggio che passa dai media è: 


SPORT = DENARO

Ecco dove si dovrebbe collocare la figura di un bravo istruttore/allenatore: far capire al bambino che il calcio, o qualsiasi altro sport, bisogna praticarlo per esprimere al meglio il proprio potenziale. Bisogna praticare sport perchè si facciano sempre più nostri il valore del lavoro, del sacrificio, dello spirito di squadra, dell'umiltà e potremmo continuare con un elenco infinito. 

Si pratica sport per vivere delle emozioni che questo ci regala! 
I bambini dovrebbero essere spronati a fare questo. Ed invece sui campi ci troviamo genitori fanatici che, oltre a tifare contro l'avversario (e già partiamo molto male), esaltano il proprio figlio quasi fosse un fenomeno, come se nella squadra ci fosse solo lui e nessun'altro.
Mi ritengo fortunato in questo perchè da subito i genitori dei miei ragazzi hanno accettato delle regole ben precise scindendo la figura del genitore da quella dell'allenatore: entrambi educhiamo ma ognuno nei rispettivi luoghi di competenza.
Il bambino così apprenderà prima che si pratica sport per altre finalità: confrontarsi con altri, passare più tempo con i propri amici, togliersi qualche piccola soddisfazione, crescere in un gruppo!
I bambini DEVONO ESSERE LIBERI D'ESPRIMERSI, senza alcun tipo di vincolo preconfezionato, a cominciare dai loro beniamini che potrebbero diventare delle vere e proprie ossessioni nella loro crescita e formazione sportiva.

BUON SPORT A TUTTI