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sabato 11 giugno 2016

Allenatore, alleato di salute...ma non tutti!!!


Lo sport, questo mondo tutto da esplorare e tutto da formare, un mondo in continua evoluzione in cui anche le figure che fanno parte non sono escluse da tale processo.
Non sono passati troppi anni dall'era in cui gli allenatori dei paesini andavano in giro cercando talenti da togliere dalla strada per portali su un campo di gioco. Giocatori che avrebbero fatto le fortune dell'allenatore.
Ora invece esiste il business delle scuole calcio, perchè sono un vero e proprio business se solo si pensa che c'è gente che vive facendo questo.
Non penso sia un male se questo viene fatto con professionalità e competenza. Lo diventa nel momento in cui ci si improvvisa e si "gioca" con la salute dei ragazzi.
A proposito di salute il Ministero della Salute il 23 maggio di quest'anno ha inaugurato la campagna "Allenatore, alleato di salute".
Tale campagna ha l'obiettivo coinvolgere il coach anche nell'educazione a corretti stili di vita degli adolescenti. La Campagna è promossa dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), insieme alla Fondazione Insieme contro il cancro, Senior Italia Federanziani e realizzata sotto l'egida del Coni, con il coinvolgimento del Ministero della Salute.
Quando ascoltai la notizia al telegiornale mi dissi: "e cosa c'è di nuovo? Pensavo fosse ovvio che un buon allenatore debba dare l'esempio ai propri ragazzi".
Sbigottito ma comunque soddisfatto di questa iniziativa di cui Massimiliano Allegri ne è ambasciatore, mi recai su un campo in cui un gruppo di ragazzi stava seguendo un allenamento e li purtroppo compresi che il buon senso non è roba diffusa così come pensavo.
L'allenamento di questi ragazzi si stava svolgendo normalmente, magari con poche parole d'incoraggiamento del mister, stiamo parlando comunque di una categoria Esordienti, ma alla fine non giudico l'operato di nessuno, non spetta a me. Ciò che mi colpì fu la nonchalance con cui l'istruttore uscì dal campo durante l'allenamento, accese una sigaretta, e rientrò a dirigere l'allenamento.
Li rimasi sbigottito, allibito.
Nell'era in cui anche ragazzini delle medie si avvicinano al fumo, con tutti gli effetti nocivi che questo porta, un allenatore che dovrebbe guidare i suoi ragazzi al viver sano, fa passare il messaggio che il fumo "è cosa giusta".
La figura dell'allenatore nel settore giovanile penso sia di fondamentale importanza non per il ruolo tecnico-tattico, ma per quello educativo.
Le scuole calcio non sono scuole ludiche, ma sono luoghi in cui si ha la possibilità di insegnare al ragazzo qualcosa d'importante sulla vita basandoci su di un gioco.
Certo tutti cercano di creare campioni ma nell'era del business vanno avanti solo coloro che hanno alle spalle possibilità economiche non indifferenti (anche per questo il livello calcistico italiano si sta abbassando) quindi piuttosto che insistere a tutti i costi sulla formazione di campioni penso sia più giusto creare un ambiente in cui far crescere i ragazzi con sani principi.
Per questo si dovrebbe evitare davanti ai ragazzi di fumare, magari da buon esempio si dovrebbe cercare proprio di smettere, condurre una vita sana, senza fare uso ed abuso di alcolici, seguendo una giusta alimentazione e facendo attività sportiva.
Ricordiamoci che purtroppo viviamo nell'era in cui i tumori sono diventati all'ordine del giorno e questi si combattono solo e soltanto conducendo una vita quanto più sana possibile.
Quindi alleniamoci a viver bene e a viver in modo civile, ne abbiamo bisogno tutti noi!

sabato 7 maggio 2016

Morti...inseguendo la propria passione, il proprio sogno!

L'immagine scioccante di Ekeng crollato sul campo. Epa


Filomeno Di Terlizzi (17 aprile 2015)

Giuliano Taccola (1969) - muore a termine di Cagliari vs Roma
Luciano Vendemini [basket] (1977) - muore nel prepartita 
Renato Curi (1977) - crolla in campo al 5' del secondo tempo di Perugia vs Juventus
Andrea Cecotti (1987) - muore per trombosi alla carotide avvertita al 29' del primo tempo di Treviso vs Pro Patria
Luca Bandini [basket] (1992) - muore per ipoplasia dell'aorta. Avverte il malore nello stesso palazzetto in cui Vendemini morì 15 anni prima
Davide Ancilotto [basket] (1997) - aneurisma celebrale. Avverte il malore durante un quadrangolare del precampionato
Marc Vivien Foè (2003) - morto per infarto al 71' della semifinale di Confederations Cup
Miklos Feher (2004) - tromboembolia polmonare avvertita in un match della Superliga Portoghese
Serginho (2004) - al 14' del secondo tempo muore per arresto cardiaco
Antonio Puerta (2007) - muore dopo diversi arresti cardiaci. Il malore lo avvertì nella partita inaugurale della Liga Spagnola
Phil O'Donnell (2007) - arresto cardiaco dopo aver segnato una rete nel campionato scozzese
Kamila Skolilowska [atletica] (2009) - muore durante il ritiro con la nazionale polacca 
Daniel Jarque (2009) - muore per asistolia 
Simona Senoner [salto con gli sci] (2011) - muore in ritiro 
Naoki Matsuda (2011) - arresto cardiaco-respiratorio durante un allenamento con la sua squadra, il Matsumoto Yamaga
Vigor Bovolenta [pallavolo] (2012) - muore durante la partita Yoga Forlì vs Lube. Il giocatore aveva sofferto in passato di extrasistole ma questo non gli aveva inficiato la possibilità di continuare a giocare
Piermario Morosini (2012) - muore al 31' durante la partita Pescara vs Livorno per cardiomiopatia aritmogena
Dal Oen [nuoto] (2012) - muore dopo un allenamento a causa di un infarto
Ekeng (2016) - muore dopo aver giocato 7' 

Questi sono i professionisti e Mimmo per me lo era, un amico speciale, un fratello maggiore con cui poter parlare e confidarsi, morto su un campo di paese mentre si accingeva a giocare la partita che settimanalmente disputava con i suoi amici.
Ma oltre questi nomi ce ne sono tanti, tantissimi dilettanti, ragazzi che inseguivano un sogno, stroncato su un campo per malori o per inadeguatezza delle strutture o per mancanza di mezzi di pronto intervento, come il defibrillatore.
Non sapremo mai se queste morti sono la conseguenza di stress fisico o psicologico o di patologie pregresse o peggio ancora di visite mediche effettuate in modo poco approfondito.
Fatto sta' che nello sport gli organi competenti dovrebbero essere più severi con le società: ad oggi nel dilettantismo esistono molte società che si rivolgono a "medici dello sport" a dir poco ridicoli solo per risparmiare, ed in questo le Federazioni hanno grandi colpe perchè incassano fiumi di soldi dalle iscrizioni, dai tesseramenti e mai hanno pensato di stipulare convenzioni con centri medici sportivi specializzati in modo da far risparmiare le società sportive e garantire un'ottimo standard di visita agli atleti.
Tanto c'è da fare nello sport e non posso pensare che nel 2016 possano ancora esistere morti sul campo.
Ovvio è da considerarsi sempre l'eventualità di una morte improvvisa, impossibile da prevenire, ma la prevenzione non deve essere mai troppa, soprattutto se si considera che nei campi da gioco entrano in gioco varie dinamiche psico-fisiche che spesso e volentieri mettono a dura prova il nostro corpo, non rendendoci conto che non siamo automi ma che come esseri umani abbiamo dei limiti oltre i quali rischiamo la vita, unica e da preservare ad ogni costo, forse anche da preservare a volte dai nostri stessi sogni.



martedì 22 marzo 2016

Tutto e subito...lo sport non lo ama!!!



Tempo fa avevamo parlato di quanto fosse importante puntare sui giovani nello sport, quanto fosse importante investire nei settori giovanili per una crescita migliore sotto il profilo tecnico-tattico del movimento sportivo calcistico e calcettistico in Italia.
Ma da allora ad oggi nulla è cambiato.
In parte solo una squadra di Serie A di calcio a 11 ha provato a rinnovare completamente il roster inserendo giovani molto interessanti. Qual è stato il risultato?
Ad inizio campionato le vittorie stentavano ad arrivare e l'allenatore era già sulla graticola.
Poi la squadra ha cominciato a girare ed ovviamente tutti sono saliti sul carro dei vincitori.
Purtroppo in Italia forse non abbiamo ancora appreso il reale potenziale dei settori giovanili, il potenziale di una corretta progettualità.
Ci limitiamo ad assemblare squadre a cercare il giocatore d'esperienza e non ci rendiamo conto che poi ogni anno abbiamo lo stesso problema, e le squadre si smembrano e ricreano in continuazione.
Ma finchè siamo nel professionismo tutto va bene, quando cadiamo nel dilettantismo ecco che nascono i veri problemi.
In particolar modo parlo del Futsal, soprattutto di quelle realtà di medio-bassa classifica che ovviamente non possono garantire campionati con posizionamenti nella parte alta della classifica e quindi si trovano costrette a lasciare giocatori che magari nella passata stagione si sono rivelati determinanti perchè purtroppo non si hanno le possibilità di rispettare richieste economiche più alte o non si possono garantire traguardi sportivi ambiti dall'atleta.
E mi chiedo: perchè non puntare invece sui giovani?
Come?
Partendo da un settore giovanile.
Tutte le società in Italia cominciano dalla prima squadra e poi sotto obbligo della federazione aprono le porte al Settore Giovanile Scolastico (SGS). Ma così non dovrebbe essere, piuttosto si dovrebbe puntare ad un processo inverso in modo da arrivare alla prima squadra con un organico formato, magari integrandolo con giocatori di categoria ed esperienza i quali avrebbero il compito di fare da chioccia per i giovani atleti.
Così facendo si creerebbero società solide, capaci di mantenere un continuo ricambio generazionale e sono convinto che seguendo tale modus operandi anche le casse societarie ne gioverebbero, non perchè il giovane non percepirebbe nulla, ma semplicemente perchè i giocatori di categoria spesso e volentieri avanzano pretese economiche che non rispecchiano in pieno i valori in gioco.
Così facendo si garantirebbe freschezza societaria, continuità, risparmio (i giocatori si creano in casa e non si sarebbe più costretti a costruire in continuazione nuovi roster da amalgamare) e penso competitività.
A tutto questo però segue l'affiancamento di staff tecnici preparati e non improvvisati, di persone competenti che sappiano lavorare con i giovani, perchè vincere i campionati con giocatori già belli e formati è una cosa, un'altra è creare il giocatore da un giovane che magari a volte non ha voglia d'allenarsi, o ha difficoltà nell'accettare il sacrificio, la panchina, la tribuna...o magari è distratto dalla fidanzata, dal percorso di studi. Insomma sono molteplici i fattori che potrebbero inficiare il percorso di crescita di un giovane atleta, ma sta alla società ed allo staff renderlo centro di un modo di fare sport che nel tempo porterebbe i frutti sperati.
Insomma, giovane è bello, è meglio, è vincente...ma in Italia non lo capiamo!!!

domenica 20 marzo 2016

La teoria degli alibi


Velasco e la teoria degli alibi.
Il segreto del successo sportivo risiede proprio qui, nel comprendere che ogni errore dipende solo e soltanto da noi stessi e da nessun altro fattore.

Se ogni atleta riuscisse ad adattarsi perfettamente alla situazione che va a crearsi, l'atleta saprebbe sempre cosa fare ottenendo il miglior risultato possibile dal suo gesto tecnico-tattico.
Lo sport, la vita sono tutta questione di testa.